Nasce a Livorno nel 1884.
Studia con Michetti, allievo di Fattori, poi si trasferisce a Firenze e a Venezia; qui frequenta la scuola di Nudo.
Modigiani simbolizza quell’ansia di cambiamento tipica del passaggio tra ‘800 e ‘900: ha allo stesso tempo l’atteggiamento intellettuale e lo stile di vita del dandy di fine secolo e quello dell’anticonformista, dell’artista maledetto, nella costante e irrequieta ricerca del nuovo.


I suoi modelli spaziano tra la pittura toscana del ‘300 e l’”arte negra” apprezzata a inizio secolo nell’ambiente artistico parigino, dove si trasferisce a ventidue anni nel 1906.
E’ nella Parigi della cultura avanguardista, dei fauves, tra amici quali Marc Chagall, Max Jacob, Georges Braque, Jean Cocteau che il dissoluto artista e tombeur de femmes, matura la sua poetica artistica, influenzato fortemente da Picasso, Toulouse-Lautrec e Cézanne.

Durante i suoi viaggi a Livorno nel 1909 e nel 1913 frequentò il Caffè Bardi che fu, a partire dal 1908, il ritrovo livornese di artisti, letterati, esuli politici, filosofi e musicisti provenienti da tutta Italia e non solo.
Il pittore post-machiaiolo Gastone Razzaguta, riferendosi al secondo soggiorno italiano dopo il ricovero d’urgenza subìto da Modigliaani in seguito ai suoi problemi di salute, ricorda che un giorno Amedeo si presentò con “la testa rapata come quella d’un evaso, sì e no coperta da un berrettino cui era stata strappata la visiera […], pantaloni tenuti da una funicella legata alla vita e, ai piedi, le spardegne […]. Disse che era tornato a Livorno per amore della torta di ceci.”
Amedeo, come si usava a Parigi, per un bicchiere di vino, offriva un “dessin à boire” su tovagliette e pezzi di carta, un disegno che firmava come Modigliani. Quei preziosi disegni, purtroppo, sono andati perduti, perché il titolare del Caffè Bardi, invece di conservarli, li usava per accendere il fuoco; è rimasto solo un ritratto del pittore Aristide Sommati che oggi è custodito nei magazzini del Museo Civico di Livorno.

Amedeo Modigliani, tra il 1911 e il 1913, abbandona la pittura e si dedica alla scultura: in quegli anni l’artista livornese mette a punto una originale sintesi fra elementi della tradizione e originali accenti figurativi. Le sue sculture sono stat ctalogate per la prima volta da Ambrogio Ceroni nel 1965. Delle venticinque sculture identificate da Ceroni, solo sedici si trovano conservate in importanti musei del mondo, tra cui la National Gallery di Washington, la Tate di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, il Philadelphia Museum of Art, il Minneapolis Institute of Art; le altre sono disperse o conservate presso collezioni private.
Modigliani stesso arrivava a definirsi “più scultore che pittore”. Nei suoi viaggi in Italia aveva visitato le cave del marmo usato da Michelangelo, perché , come amava dire, anche la sua era una scultura “a levare” . Ma la scultura “a levare” era un lavoro troppo duro per la sua cagionevole salute.


Gli anni conclusivi della parabola di Modigliani segnano un ritorno alla pittura. I dipinti catturano frammenti dello spirito di ciascun personaggio, con un lavoro di selezione e di sintesi della forma. Sono volti ma sembrano sculture, asimmettriche, con gli occhi divergenti, impenetrabili, i nasi irregolari che provocano in chi li osserva dubbio e meraviglia.
Le condizioni di estrema povetà e di isolamento portarono Amedeo ad ammalarsi di tubercolosi e a orire in condizioni drammatiche a soli trentasei anni. Alla tragedia della sua scomparsa si aggiunse il suicidio di Jeanne Hébuterne, che, il giorno dopo il funerale del proprio amato, incinta al nono mese si gettò dal quinto piano della finestra della casa dei propri genitori.
Modigliani fu seppellito il 27 gennaio 1920 nel cimitero di Père Lachaise con l’Italia nel cuore. L’ultima suo grande desiderio era partire per la propria patria di origine; pare che le sue ultime parole siano state Cara Italia.